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Monumento a Luigi Razza

Luigi Razza (Monteleone, 12 dicembre 1892 - Almaza, 6 agosto 1935) fu un politico italiano a capo del Ministero dei Lavori Pubblici durante la dittatura di Mussolini.

«Il ricco non può godere le sue sostanze, se intorno e vicino vive una folla di sventurati ed affamati»

Biografia
Luigi Razza nasce a Monteleone di Calabria (oggi Vibo Valentia) da Leone e Carmela De Luca. Trascorsi i primi anni della fanciullezza, il padre, agente di custodia, viene trasferito a Noto, in Sicilia, dove Luigi inizia a frequentare il Liceo - Ginnasio "Di Rudini", sino alla maturità classica conseguita nel 1912. Conseguita la licenza liceale, si trasferisce a Milano dove conosce Filippo Corridoni e dove si laurea in Legge.

Allo scoppio della Grande Guerra, Luigi viene più volte riformato per insufficienza toracica e per il fisico gracile, testimone di un'infanzia di sacrifici e di ristrettezze economiche in cui versava l'intera famiglia. Anche i sui fratelli infatti, Domenico e Giuseppe, nati a Monteleone rispettivamente il 17 maggio 1894 e il 31 gennaio 1989, furono riformati per lo stesso motivo. Nonostante ciò, Luigi riesce a partire volontario con il grado di sottotenente nella brigata Volturno, combattendo in Val Posina, nel Trentino e sul Monte Cimone dove si guadagnò due croci di guerra al valor militare. In questo periodo collabora attivamente per i giornali di trincea, riportando testimonianza delle atrocità prodotte dal conflitto.

Finita la guerra, nella città di Trento libera diviene redattore del giornale socialista "Il Popolo", fondato nel 1900 da Cesare Battisti. Particolare attenzione nell'attività giornalistica e politica di Luigi Razza assunse lo stato di miseria in cui versavano in particolare i contadini e gli emigranti del sud, costretti spesso a lasciare la propria terra in cerca di un lavoro e trovando spesso umiliazione e dimenticanza dello Stato: quando nel novembre del 1928 la Confederazione nazionale dei sindacati fascisti viene smembrata in sei confederazioni minori (industria, agricoltura, commercio, trasporti e navigazione, banca, lavoratori del mare e dell'aria, professionisti e artisti), Razza assumerà la segreteria della Confederazione nazionale dei Lavoratori dell'Agricoltura e, in seguito, sarà nominato Commissario per le emigrazioni interne.

Con l'ascesa del fascismo, Luigi aderisce ai nuovi ideali politici da Sansepolcrista, diventando, dopo la Marcia su Roma, Membro del Gran Consiglio del Fascismo e del Consiglio Nazionale delle Corporazioni. L'apice della sua carriera politica inizia il 24 gennaio 1935, quando viene nominato Ministro dei Lavori Pubblici nel Governo Mussolini: rimarrà in carica fino al 6 agosto 1935, data della sua morte avvenuta in un disastro aereo nel cielo di Almaza (Cairo) mentre si recava in Eritrea.

Il monumento
La città ha voluto successivamente onorarne la memoria con una statua bronzea, a figura intera, scolpita da F. Longo nel 1938 e personalmente inaugurata da Benito Mussolini nel 1939 durante la sua visita alla città, la quale si erge in Piazza San Leoluca su un alto piedistallo, sormontato da una stele recante in cima l'effigie marmorea della Vittoria alata. Un'altra effigie gli è stata riservata nel Palazzo del Municipio, a lui intitolato. A Luigi Razza la città ha inoltre intitolato il proprio aeroporto militare, lo stadio, una piazza e una via del centro storico.

L'uomo, il politico
Il modo migliore per delineare la figura politica e umana di Luigi Razza, è il ricordo di un episodio (Salimbeni, 1998) che vide coinvolto un alto funzionario del Ministero, allorché erano state presentate al Ministro delle domande di sussidio urgenti, una delle quali da parte di un umile impiegato per un'operazione urgente della moglie:

«...trovo il Ministro come mai scuro in volto, mi invita ad appressarmi a Lui; quando gli sono vicino, mi pone la mano sul cuore come se volesse contarmi i palpiti. Poi, sorridendo disse "Credevo non avesse il cuore". E poiché io mostravo di non intenderlo soggiunse: "ha letto questa domanda? Sappia, commendatore, che il primo dovere dei superiori è quello di conoscere anche le condizioni familiari dei subordinati, perché noi possiamo pretendere da loro il compimento integrale del loro dovere solo quando siamo riusciti a meritarci il loro affetto..."»

Le umili origini, l'abitudine al sacrificio, il contatto continuo con la gente del lavoro, fecero di Razza un uomo leale e generoso, carico di ideali di dedizione alla causa del popolo e del suo riscatto. Diventato Ministro dei Lavori Pubblici, volle attuare una politica di rinnovamento, puntando ad un ammodernamento delle infrastrutture del paese, all'investimento pubblico come strumento di lotta contro la disoccupazione e contemporaneamente ad una forte impostazione morale:

«Niente più lavori assegnati per ragioni elettorali o di polizia. Programmi di opere necessarie a risolvere problemi essenziali per la vita del Paese.»

Il Suo carisma fu così forte sui suoi contemporanei che il poeta Gabriele d'Annunzio così gli si rivolse in una lettera autografa indirizzata a "S.E. il Ministro dei Lavori Pubblici Luigi Razza di Calabria" e scritta a Roma:

«La tua amicizia è diventata il novo calore del mio Eremo e la mia malinconia è meno fosca. Stig. ti scriverò ti abbraccio, – segue firma autografa- Gabriele d'Annunzio Duca di Ragusa.»

Allo stesso modo, alcuni mesi dopo il disastro aereo che vide la morte del Ministro, d'Annunzio si rivolge con uno scritto autografo del febbraio 1936 a Saverio Laureto de Mendoza aviatore per il volume “Gabriele D’Annunzio Marinaio e Aviatore Navale”, editore Impresa editoriale Italiana di Milano:

«Mio caro Saverio, il tuo bel libro – Il peso della gloria – stanotte è piombato nel più nero fondo della mia malinconia mortale. Mi ha molto commosso dandomi il beneficio delle lagrime. Lacrime del guerriero dagli occhi asciutti! Il tuo ricordo di Luigi Razza è vero: egli sapeva amarmi come tu medesimo sai. Dal Vittoriale degli Eroi egli partì per la morte a tradimento. L’orbo veggente scoprì subito il tradimento. I testimoni sono vivi. Caro amico, il tuo libro è, come gli altri, un breviario d’amore. La mia prodezza per sempre tanto spontanea ….sdegnosa che non posso inorgoglirmene, come non mi insuperbisco del mio vasto respiro e del mio cuore robusto. Oggi infatti sono infelice e miserabile. Ma desidero di rivederti e di parlare con te dell’Africa. Ti prego di rimetterti a me per la decisione. Ti mando la medaglia che do a qualcuno dei Legionari d’Oltremare.(…) aggiungo alcuni volumi inefficaci, Gian Carlo Maroni ti darà gli altri sei. Puoi rimanere mio ospite nell’albergo del lago fino a domani? Ti abbraccio. - segue firma autografa- Il tuo Gabriele D’Annunzio.»

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera